Intervista ad Ambrogio Crespi, regista del film “Tortora, una ferita italiana”, clamorosamente escluso dal Festival di Roma
Ambrogio Crespi ha passato 200 giorni della sua vita da prigioniero. Il suo caso, vergognoso, è stato paragonato a quello più celebre e indimenticabile di Enzo Tortora. Vicenda principe della malagiustizia italiana che, Crespi, ha voluto raccontare in un film dal nome: “Enzo Tortora, una ferita italiana”. Un documentario avvincente, che ospita interviste ai protagonisti del terribile episodio. Da Francesca Scopelliti, compagna di Tortora, a Raffaele Della Valle, avvocato difensore, passando per giornalisti del calibro di Vittorio Feltri e Paolo Gambescia. Ma raccogliendo anche le testimonianze di Mauro Mellini, Marco Pannella, Rita Bernardini, Corrado Carnevale – all’epoca del processo al conduttore televisivo, presidente della prima sezione penale della Cassazione – e Giuseppe Pititto, già sostituto procuratore di Roma. E ancora: Francobaldo Chiocci, Vittorio Pezzuto ed Eugenio Sarno.
Una pellicola che impone una verità storica e politica, scomoda. Perché mette le responsabilità di molti sotto gli occhi di tutti. Crespi è riuscito a ricordare il percorso umano, giudiziario e politico di Tortora. Ma il suo film, incredibilmente, non sarà presentato al Festival di Roma 2013, al via il prossimo 8 novembre. Il documento è stato bocciato, escluso dai sette in concorso, non trovando posto neanche nei 3 fuori concorso. Una vergogna. Questa, la replica dell’ex compagna di Tortora, Francesca Scopelliti: “E’ triste e desolante dover constatare che la sua storia spaventi così tanto la Rai da ‘cacciarlo’ via anche da morto. Ma credo che Enzo stesso non vorrebbe tornare in questa televisione”.
Continua a leggere su Il Giornale d’Italia