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Riff, “Enzo Tortora, una ferita italiana” di Ambrogio Crespi: un pugno allo stomaco per non dimenticare

“Enzo Tortora, una ferita italiana” di Ambrogio Crespi è un documentario che racchiude dentro a sé tutta una storia, un passato e una vita. La storia relativa alla vicenda di malagiustizia che ha investito il celebre conduttore televisivo di “Portobello” e in poi, travolto la vita dell’uomo politico radicale. Un lavoro, quello svolto dal regista Crespi, ricco di interviste esclusive che non lasciano spazio all’interpretazione, ma parole nette e taglienti pronunciate da tutti quei personaggi che vissero e assistettero ai fatti accaduti trent’anni fa. Un racconto che si snoda anche attraverso le lettere scritte da Tortora, quando era detenuto in carcere, alla compagna di vita Francesca Scopelliti. Lettere amare di cui si comprende tutta la “piccolezza” dell’umano di fronte all’impossibilità di esser creduti e quindi di dichiararsi innocenti.

Un documentario significativo che, a 25 dalla morte di Tortora accende i riflettori su una vicenda giudiziaria che ancora oggi chiede vendetta. Prezioso il lavoro di Crespi. Così è necessario a tutta quella generazione che di Enzo Tortora conosce solo il conduttore, l’animale da palcoscenico, ma che non ha conosciuto l’uomo politico con il suo impegno radicale. Il film, attraverso le numerose interviste, le scene dei momenti più salienti della vicenda giudiziaria, le inquadrature che ritraggono le aule di Tribunale, sono un vero e proprio “pugno allo stomaco” per lo spettatore. Attraverso sequenze asciutte e lineari, il regista fa centro sul bersaglio preciso: la verità dei fatti senza “appiccicare” sovrastrutture, ma lasciando parlare chi è stato spettatore di una vicenda che oggi è considerata “una ferita italiana” ancora aperta.

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