Sessanta minuti per ricostruire il calvario di Enzo Tortora, il popolare presentatore televisivo travolto negli anni ’80 dall’accusa di aver spacciato droga negli studi tv, accusa poi concretizzatasi in mesi di carcere e di arresti domiciliari con una condanna a 10 anni di reclusione, un caso di malagiustizia che si chiuse poi nel 1987 con l’assoluzione in Cassazione.
Ambrogio Crespi – un passato da pubblicitario e da collaboratore di trasmissioni Rai – ha ricostruito questa storia italiana di 30 anni fa – il caso scoppiò il 17 giugno del 1983 – con il docufilm «Enzo Tortora una ferita italiana». Non accolto Festival di Roma è diventato ora una proiezione in concorso del Riff, il Rome Independent Film Festival, e giovedì alle 19.10 viene proiettato nella Sala 1 del Nuovo Cinema Aquila di Roma. Sessanta minuti per ripercorrere con la voce di molti protagonisti di allora questa vicenda che un anno dopo la definitiva assoluzione si concluse con la prematura morte di Tortora, stroncato nel 1988 da un tumore ma certamente provato da una fosca vicenda in cui si era ritrovato alla berlina grazie soprattutto alle accuse di appartenenti alla criminalità organizzata, personaggi del calibro di Pasquale Barra.
Continua a leggere su Corriere.it